Fangirl by Rainbow Rowell

Fangirl by Rainbow Rowell

autore:Rainbow Rowell [Rowell, Rainbow]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2016-10-21T22:00:00+00:00


19

Levi non le fece domande e lei non se la sentì di dare spiegazioni.

Gli disse che il padre era in ospedale senza dirgli perché. Lo ringraziò ampiamente e gli ficcò una banconota da venti dollari nel posacenere, promettendogli altri soldi non appena avesse prelevato. Si sforzava di non guardarlo, perché ogni volta lo immaginava baciare lei o l’altra ragazza, ed entrambi i ricordi erano ugualmente dolorosi. Si aspettava che tornasse il Levi di sempre, quello che la punzecchiava con le domande e i commenti carini, invece la lasciò in pace. Dopo una quindicina di minuti, le chiese il permesso di ascoltare una lezione registrata: l’indomani aveva un esame importante.

«Certo, fa’ pure» gli rispose.

Levi posò un registratore digitale sul cruscotto. E per i successivi quarantacinque minuti, ascoltarono un professore dalla voce profonda parlare di pratiche di allevamento sostenibile.

Arrivati in città, fu Cath a guidarlo, perché Levi era stato a Omaha solo un paio di volte. Come entrarono nel parcheggio dell’ospedale, fu certa che avesse letto il cartello: ST RICHARD’S – CENTRO PER LA SALUTE MENTALE E PER I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO.

«Puoi lasciarmi qui. Ti ringrazio tantissimo.»

Levi spense la registrazione sulla gestione del pascolo. «Preferirei accompagnarti dentro.»

Cath non obiettò. Lo precedette all’interno della struttura e puntò dritta al banco accettazione. Lo sentì sedersi nella sala d’aspetto dietro di lei.

L’uomo al bancone non le fu di alcun aiuto. «Avery» disse. «Avery… Arthur.» E schioccò la lingua. «A quanto pare non è autorizzato a ricevere visite.»

Cath poteva parlare con uno dei medici? O degli infermieri? Non ne era sicuro. Suo padre era sveglio? Non poteva risponderle, leggi federali sulla privacy e via dicendo.

«Va bene, allora io mi siedo là» gli disse poi. «Così se le capita può dire a qualcuno che sto aspettando e che vorrei vedere mio padre.»

Il tizio – un omone tutto muscoli – le disse che poteva starsene seduta lì quanto voleva. Cath cominciò a chiedersi se era presente anche lui, quando avevano ricoverato il padre. Avevano dovuto trattenerlo con la forza? Urlava? Sputava? Le premeva che tutti lì dentro, a cominciare da quel tizio, sapessero che il padre era una persona, non solo uno squilibrato. Che aveva accanto familiari che tenevano a lui e si sarebbero accorti se era stato maltrattato o curato con i farmaci sbagliati. E poi si sedette indignata in un punto in cui quell’incompetente poteva vederla.

Dopo dieci minuti di silenzio, Levi disse: «Non hai avuto fortuna?».

«La mia solita fortuna, direi» rispose lei, voltandosi ma senza guardarlo in faccia. «Senti, mi sa che qui ne avrò per un bel po’. Ti conviene tornare indietro.»

Levi si sporse avanti, sfregandosi la nuca, come se ci stesse riflettendo. «Non ti lascio da sola nella sala d’aspetto di un ospedale» disse alla fine.

«Ma ora come ora non posso far altro che aspettare. E non c’è posto migliore di questo.»

Lui scrollò le spalle e si appoggiò di nuovo allo schienale. «Oramai aspetto. Più tardi potresti avere bisogno di un passaggio.»

«Come vuoi» replicò Cath, e si sforzò di aggiungere qualcos’altro. «Grazie… E comunque non diventerà un’abitudine, tranquillo.



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